L’inchiesta di Haaretz sulle stragi di palestinesi durante la distribuzione del cibo a Gaza
Soldati israeliani hanno raccontato in forma anonima di avere ricevuto precisi ordini di sparare sui civili

Un’inchiesta del quotidiano israeliano Haaretz ha raccontato come le stragi di civili palestinesi ai punti di distribuzione di cibo nella Striscia di Gaza, compiute nelle ultime settimane, siano state il risultato di precisi ordini dati dai comandanti israeliani ai loro soldati. Gli spari dovevano servire a disperdere le folle e hanno ucciso decine di persone. Sono accuse molto gravi, raccontate ad Haaretz dagli stessi soldati in forma anonima.
Le stragi sono state compiute vicino ai centri della Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), l’organizzazione voluta da Israele per controllare la distribuzione del cibo nella Striscia e usare la fame come ulteriore arma contro i palestinesi. La Ghf ha iniziato a operare da maggio con quattro centri, tre nel sud e uno nel centro, aperti per una sola ora al giorno, la mattina. Per questo, da quando hanno iniziato a essere operativi, attorno ai centri si sono create grandi folle, con migliaia di civili in coda fin dalla notte per cercare di ricevere del cibo, in una situazione sempre più drammatica.
Haaretz ha scritto che in diverse occasioni i soldati israeliani hanno sparato sui civili prima dell’apertura dei centri, per disperdere le folle, e poi dopo la chiusura, con la stessa motivazione.
Un soldato ha descritto le aree intorno ai centri come «zone della morte» («killing fields», in inglese). «Quando ero stanziato lì, venivano uccise ogni giorno da una a cinque persone. Erano trattate come forze ostili, non c’erano misure di controllo della folla o gas lacrimogeni, solo spari con qualsiasi arma a disposizione», come mitragliatrici, lanciagranate e mortai. «Quando i centri aprono i colpi si fermano. Il fuoco è la nostra forma di comunicazione».
Il soldato ha raccontato che nella sua esperienza nessun civile in coda ha mai risposto al fuoco israeliano e che nella sua zona di competenza l’esercito chiama informalmente questa procedura con il nome israeliano del gioco per bambini “un, due, tre, stella”. È un riferimento macabro al fatto che chiunque si muova, vicino ai centri, possa essere ucciso.
Secondo il ministero della Salute della Striscia, da fine maggio 549 persone sono state uccise vicino ai centri di distribuzione della Ghf o ai camion dell’ONU, e oltre 4mila sono state ferite. È possibile che questi numeri siano solo parziali.

Civili palestinesi a Rafah con le scatole di cibo della Gaza Humanitarian Foundation, a fine maggio (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
Haaretz ha scritto che l’esercito ha sparato anche contro i civili che si erano radunati intorno ai camion o ai centri di distribuzione delle Nazioni Unite, che operano in modo molto limitato perché Israele controlla e limita molto l’ingresso di aiuti nella Striscia. Alcune fonti dell’esercito hanno detto che, oltre ai soldati, in alcuni casi hanno sparato contro i civili anche i membri di milizie palestinesi finanziate da Israele, come quella guidata da Yasser Abu Shabab e attiva nel sud della Striscia.
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I soldati israeliani dovrebbero stare a varie centinaia di metri di distanza dai centri della Ghf: non possono entrare al loro interno, dove lavorano dei contractor statunitensi, e non dovrebbero avvicinarsi nemmeno ai “corridoi” che i palestinesi percorrono per raggiungerli. Non sempre questo succede. I soldati si posizionano intorno ai centri con carri armati, cecchini e mortai, in teoria per garantire la sicurezza delle operazioni di distribuzione. Un ufficiale in servizio presso uno dei centri ha detto che durante la notte «iniziamo a sparare per indicare alla popolazione [di Gaza] che questa è una zona di combattimento, e non devono avvicinarsi».
Varie persone sentite da Haaretz hanno ricondotto l’ordine di sparare al generale Yehuda Vach, comandante della Divisione 252 dell’esercito israeliano. Ma «molti comandanti e soldati lo accettano senza farsi troppo domande», ha detto un ufficiale. La divisione 252 non è l’unica a operare nelle zone vicine ai centri, ed è possibile che anche altri comandanti oltre a Vach abbiano dato le stesse indicazioni.
Un altro soldato riservista nella Divisione 252 ha detto che gli spari «dovrebbero essere colpi di avvertimento […] ma alla fine è diventata normale amministrazione. Ogni volta che spariamo uccidiamo o feriamo persone, e quando qualcuno chiede perché è necessario [sparare], non c’è mai una buona risposta. A volte anche la sola domanda irrita i comandanti». Aggiunge: «Sai che non è giusto […] ma Gaza è un universo parallelo».
Haaretz scrive che questa settimana un generale ha ordinato ai soldati della divisione 252 di sparare nel mezzo di un incrocio dove erano radunati dei civili che attendevano l’arrivo di un camion di cibo. Otto civili sono stati uccisi. L’esercito ha condotto un’indagine preliminare, ma non sono state prese azioni disciplinari.
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Le persone sentite da Haaretz sono concordi nel dire che i civili palestinesi radunati ai centri non rappresentano un pericolo per i soldati israeliani. «Posso dire con certezza che le persone non erano vicine ai soldati e non li mettevano in pericolo. Non aveva senso: sono stati uccisi, per niente», ha detto un comandante israeliano riferendosi a un episodio in cui più di dieci persone palestinesi sono state uccise. «Questa cosa di uccidere persone innocenti è stata normalizzata», aggiunge.
Per alcuni di questi episodi (una minoranza rispetto al totale) l’esercito israeliano ha avviato delle indagini gestite internamente da una sezione che si occupa di esaminare casi di sospette violazioni del diritto bellico.

Palestinesi vicino al centro di distribuzione della Ghf a Rafah, il 10 giugno (AP Photo/Abdel Kareem Hana)