Bombardare l’Iran ha aiutato Netanyahu
Dopo l'attacco di Hamas del 7 ottobre era diventato assai impopolare; ora è di nuovo primo nei sondaggi

La decisione di attaccare l’Iran ha risollevato la carriera politica del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Dopo una lunga crisi di popolarità oggi il Likud, il suo partito di destra, è il primo nei sondaggi. I leader dell’opposizione hanno sostenuto quasi all’unanimità la sua guerra contro l’Iran. E secondo i media israeliani Netanyahu starebbe perfino pensando di indire elezioni anticipate, per approfittare della situazione.
Questo è un cambiamento straordinario rispetto anche soltanto a pochi mesi fa, quando Netanyahu era uno dei politici più impopolari del paese ed era ritenuto un leader in crisi, incapace di difendere il proprio paese.
La crisi di Netanyahu era cominciata dopo l’attacco in Israele del 7 ottobre 2023, quando Hamas uccise più di 1.100 persone, in gran parte israeliane, in quello che è ricordato come il più grosso fallimento di intelligence e sicurezza della storia del paese. Netanyahu fu accusato di aver sottovalutato il pericolo di Hamas e di avere indebolito per ragioni di convenienza interna la prontezza delle forze armate, con cui era in polemica nei mesi precedenti.
La popolarità di Netanyahu crollò e per mesi tutti i sondaggi indicavano che, in caso di elezioni, la sua carriera politica sarebbe stata spacciata.

Una protesta a Tel Aviv contro il governo Netanyahu, 24 maggio 2025 (AP Photo/Leo Correa)
Il primo ministro israeliano rispose cercando di evitare il problema: rimandò (e continua a rimandare) un’inchiesta sulle responsabilità del 7 ottobre, sostenendo che non sia possibile organizzarne una in tempo di guerra. Per mesi ha continuato a evitare tutte le occasioni pubbliche in cui avrebbe potuto essere contestato: nelle settimane successive al 7 ottobre evitò spesso di visitare i parenti delle vittime di Hamas, e non partecipò ai loro funerali.
L’inizio della guerra nella Striscia di Gaza non giovò politicamente a Netanyahu. Benché la stragrande maggioranza della popolazione la approvasse, molti ritenevano che oltre agli obiettivi dichiarati (distruggere Hamas, riportare a casa gli ostaggi) Netanyahu vedesse nella guerra anche un modo per rimanere al potere e allontanare il momento in cui avrebbe dovuto rendere conto dei suoi errori.
Man mano che la guerra andava avanti, inoltre, il governo di Netanyahu si è mostrato sempre meno sensibile alla condizione degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas: in più di un’occasione ha rifiutato degli accordi di cessate il fuoco che avrebbero portato alla loro liberazione, sostenendo che fosse più importante raggiungere gli obiettivi militari. Questo ha aumentato la sua impopolarità.

Netanyahu alla Casa Bianca con Donald Trump, 7 aprile 2025 (AP Photo/Mark Schiefelbein)
Le cose per Netanyahu sono cominciate a migliorare lo scorso autunno, dopo che con una serie di operazioni di intelligence e di attacchi militari Israele ha notevolmente indebolito il gruppo libanese Hezbollah, sostenuto dall’Iran. Il gruppo era considerato dalla maggioranza degli israeliani una minaccia alla sicurezza, e il successo delle operazioni israeliane ha fatto risalire la popolarità di Netanyahu e del Likud.
Un fenomeno simile si è visto in questi giorni dopo l’attacco all’Iran, ma su scala maggiore: secondo i sondaggi, il 70 per cento della popolazione di Israele (e l’82 per cento degli ebrei israeliani) sostiene la decisione di attaccare l’Iran, che è visto come una minaccia esistenziale per la sicurezza dello stato di Israele.
L’attacco inoltre è stato accolto come un grande successo militare in Israele: i bombardamenti israeliani sono riusciti a eliminare buona parte della catena di comando militare dell’Iran, e a mettere il regime in grande difficoltà. Allo stesso tempo, le persone uccise in Israele sono state meno di quante previste da molti analisti militari, che avevano stimato centinaia se non addirittura migliaia di morti. Le persone uccise dai bombardamenti iraniani al momento sono 28. Gli iraniani uccisi dai bombardamenti israeliani sono più di 600, in maggioranza civili.
Un altro successo attribuito a Netanyahu è stato quello di convincere il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a intervenire nella guerra per bombardare i siti nucleari iraniani. Netanyahu ha sempre avuto una grossa influenza nella politica statunitense, ma essere riuscito a convincere Trump ad attaccare l’Iran, cosa che nessun presidente statunitense aveva mai fatto finora, è un risultato diplomatico importante.

Netanyahu davanti a un edificio colpito da un missile iraniano a Beer Sheva, 19 giugno 2025 (EPA/MARC ISRAEL SELLEM)
Di fatto molti israeliani pensano che, con le operazioni contro Hezbollah e contro l’Iran, Netanyahu sia riuscito a riscattarsi dal fallimento del 7 ottobre. Lo pensa probabilmente lo stesso Netanyahu: al contrario di quanto avvenuto due anni fa, quando cercò il più possibile di evitare il contatto con il pubblico, negli ultimi giorni il primo ministro ha partecipato a ogni tipo di evento, incontrando i parenti delle persone uccise e andando in visita alle comunità colpite dai bombardamenti iraniani.
Come detto se si votasse oggi in Israele il Likud di Netanyahu risulterebbe il primo partito, anche se l’attuale coalizione di estrema destra al governo non raggiungerebbe i 61 voti necessari per la maggioranza alla Knesset, il parlamento. L’opposizione a Netanyahu, peraltro, ha sostenuto la guerra aerea contro l’Iran: «Sulla questione iraniana non c’è destra o sinistra. C’è giusto o sbagliato. E noi [israeliani] siamo nel giusto», ha detto Benny Gantz, uno dei principali avversari di Netanyahu alle ultime elezioni.