Farsi dire i prezzi da una palestra è difficilissimo

Non si trovano sui siti, c'è una certa ritrosia a comunicarli per telefono e per conoscerli bisogna spesso parlare con un consulente

(Laura Lezza/Getty Images)
(Laura Lezza/Getty Images)
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Quando qualcuno decide di rimettersi in forma e comincia a cercare una palestra, spesso si trova davanti a un primo ostacolo inatteso: capire quanto costa iscriversi. Non è una cosa così immediata, perché nella maggior parte dei casi i prezzi non si trovano: non compaiono sui siti e non vengono comunicati al telefono. A chi prova a chiedere, viene quasi sempre proposto di fissare un colloquio conoscitivo.

Per avere un’idea chiara dei costi bisogna prendere appuntamento, andare di persona, parlare con un consulente in un’area dedicata (spesso una saletta vetrata simile a un piccolo ufficio bancario, o un angolo allestito accanto alla reception) e ascoltare una serie di proposte che variano in base a diversi fattori: i corsi che si intende seguire, l’accesso a servizi extra e sconti derivanti dall’eventuale iscrizione di amici e familiari, per esempio.

Solo a quel punto, se tutto convince, si può firmare un contratto, che di solito non riguarda un singolo mese ma periodi più lunghi, come l’abbonamento semestrale o annuale. Sono le formule preferite dalle palestre, perché più stabili e convenienti per chi le gestisce, e perché spesso permettono di includere sconti o promozioni riservate ai nuovi iscritti. L’opzione mensile esiste, ma viene presentata per ultima ed è la meno vantaggiosa: costa di più e dà accesso a meno servizi, oppure è disponibile solo in orari limitati.

La prima ragione per cui molte palestre preferiscono non comunicare subito i prezzi è piuttosto intuitiva: evitare che un potenziale cliente scarti l’iscrizione prima ancora di aver messo piede nella struttura. «Se tutti ottenessero le informazioni con una semplice telefonata, non verrebbero neppure a visitare la struttura», dice al Post una consulente che lavora per diverse palestre di Milano. «Ogni abbonamento è una combinazione di esigenze: c’è chi vuole frequentare ogni giorno, chi solo nel weekend, chi è interessato ai corsi, chi alla spa e chi ha familiari da includere». È quello che spiegano anche da Seven Infinity, un grosso centro sportivo di Gorgonzola, in provincia di Milano: «mostrare una cifra fissa e fuori contesto può essere controproducente: chi vede una struttura ben curata e con molti servizi può pensare che sia troppo costosa e rinunciare a informarsi».

Ma l’incontro in sede è considerato più vantaggioso anche per un altro motivo: raccogliere i dati della persona interessata. In questo modo, anche se il contratto non viene firmato subito, si apre un canale di comunicazione che può restare attivo nel tempo: è possibile inviare promemoria, offerte personalizzate, promozioni “a tempo” o semplici messaggi. «Se non firma al primo incontro, otteniamo comunque qualcosa: una relazione che possiamo portare avanti finché la persona non decide di iscriversi», spiega la consulente.

Negli Stati Uniti questo modello ha cominciato a diffondersi tra gli anni Ottanta e Novanta, quando catene come LA Fitness, Equinox e 24 Hour Fitness cominciarono ad adottare un’impostazione diversa, proponendosi come club privati per cui era richiesta la sottoscrizione di una membership: un contratto di lungo periodo che prevedeva l’accesso a spazi e servizi riservati, un rapporto continuativo con la struttura e, spesso, un trattamento personalizzato. Insomma, non ci si iscriveva per frequentare la palestra per un mese: si diventava membri di un club. Anche il prezzo seguiva una logica diversa — non era pubblico né standard, ma costruito in base al tipo di impegno e alle opzioni incluse.

In Italia questo approccio ha cominciato a diffondersi nei primi anni Duemila con l’arrivo di catene internazionali come Virgin, e poi è stato usato anche da aziende italiane come GetFIT, Tonic e Audace. Oggi formule come l’iscrizione tramite consulente, le proposte su misura e i contratti semestrali o annuali sono radicate soprattutto nelle grandi città, come Milano, Roma, Bologna, Verona e Torino, dove questo modello si è consolidato con più continuità.

Attorno a questo sistema sono nate anche figure professionali specifiche, formate per seguire tutto il processo e portare il potenziale cliente all’iscrizione; un po’ come avviene nel settore immobiliare o nelle concessionarie di auto, dove è la trattativa personalizzata a determinare l’acquisto. «Il nostro compito è quello di far firmare il contratto il prima possibile», spiega la consulente. «Parlare di persona aiuta a capire chi hai davanti, cosa cerca davvero, e costruire una proposta appositamente per lui».

Al banco informazioni vengono date solo indicazioni di base: i pacchetti disponibili, la quota associativa, l’accesso ai corsi, la possibilità di fare una visita medica in struttura, e così via. Il resto si discute direttamente con il consulente. Le eccezioni riguardano in genere i servizi più semplici e a utenza quotidiana: in molti casi — spiegano dalla Seven Infinity — tariffe come l’ingresso singolo in piscina o in palestra o l’abbonamento per il nuoto libero sono pubblicate anche online.

In tutti gli altri, però, il prezzo viene definito solo dopo il colloquio. Oltre all’esigenza di creare un rapporto con i potenziali clienti, questi incontri servono anche a capire nel dettaglio come verrà utilizzata la palestra e con quale frequenza, quali servizi interessano davvero e quali eventualmente eliminare. «Anche per le palestre è fondamentale sapere in anticipo come verranno usati gli spazi: se tutti avessero accesso a tutto in qualsiasi momento, si creerebbe un certo caos. Il colloquio serve anche a distribuire meglio gli ingressi e i servizi», dice la consulente.

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