Decine di persone sono state arrestate per aver violato il coprifuoco a Los Angeles
È stato imposto sul centro città dopo cinque giorni di proteste contro le politiche migratorie di Donald Trump

Nelle ultime ore a Los Angeles decine di manifestanti sono stati arrestati per aver violato il coprifuoco notturno imposto alcune ore prima sul centro città dalla sindaca di Los Angeles, Karen Bass. È da cinque giorni che nella zona ci sono intense proteste contro le politiche migratorie del presidente statunitense Donald Trump, con scontri in certi casi molto violenti con la polizia. La situazione si era aggravata nei giorni scorsi per la decisione di Trump di invitare i marines e la Guardia Nazionale contro la volontà del governatore della California, Gavin Newsom, e della sindaca: una decisione con pochi precedenti.
Il coprifuoco durerà dalle 20 alle 6, per ora senza una data di fine. È stato imposto nel distretto centrale della città (una zona di circa 2,5 chilometri quadrati, rispetto a un territorio cittadino di circa 2.300 chilometri quadrati) e prevede diverse eccezioni: per le forze dell’ordine, il personale medico e di emergenza, i residenti, chi si sposta per lavoro, i giornalisti e i senzatetto.
Le proteste a Los Angeles erano iniziate dopo alcune operazioni dell’ICE (l’agenzia federale statunitense per il controllo delle frontiere e dell’immigrazione) in cui erano state arrestate decine di presunti migranti irregolari. I manifestanti avevano inizialmente lanciato pietre e incendiato alcune automobili: erano state comunque azioni piuttosto contenute e secondo la polizia di Los Angeles sabato la situazione era tornata pacifica.
Nonostante questo, sabato sera Trump aveva deciso di mandare la Guardia Nazionale, il principale corpo di riservisti dell’esercito statunitense che si invia normalmente per catastrofi naturali o gravi rivolte su richiesta del governo statale. L’inedita decisione di Trump ha avuto motivazioni soprattutto politiche, più che legate alla necessità di mantenere l’ordine in città, ed è stata la prima del genere dal 1965.

(AP Photo/Ethan Swope)
Trump minacciava da tempo di impiegare l’esercito contro le città e gli stati governati dal Partito Democratico, che secondo lui non sono in grado di mantenere «la legge e l’ordine»: le proteste a Los Angeles sono diventate l’occasione perfetta per farlo. Newsom è inoltre tra i più efficaci critici di Trump e in futuro potrebbe diventare un suo rivale politico a livello nazionale.
Da lì in poi il livello di tensione, anche fra le istituzioni federali e statali, è cresciuto. Lunedì Newsom e il procuratore generale della California, Rob Bonta, hanno annunciato una causa contro Trump per bloccare il suo ordine di inviare la Guardia Nazionale. Trump invece ha inviato anche 700 marines (quindi non solo riservisti ma membri attivi delle forze armate), che sono arrivati martedì pomeriggio.
La decisione di Trump di inviare l’esercito contro i manifestanti di Los Angeles ha provocato una serie di proteste anche in altre città degli Stati Uniti, come New York, Chicago, Atlanta, Omaha e Seattle, che hanno portato agli arresti di decine di persone. Anche a Los Angeles nel frattempo le proteste stanno continuando: martedì centinaia di persone hanno bloccato la circolazione sull’autostrada 101 e decine di loro sono state arrestate.