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  • Martedì 3 giugno 2025

In Svezia le adozioni dall’estero sono state fatte per decenni con metodi illegali

Un'indagine commissionata dal parlamento ha scoperto bambini dichiarati morti e poi dati in adozione, documenti falsificati e altre gravi irregolarità

(Getty Images)
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Nell’ottobre del 2021 il Riksdag, il parlamento svedese, istituì con decisione unanime una commissione indipendente con lo scopo di indagare su eventuali irregolarità del sistema delle adozioni internazionali vigente in Svezia. I sospetti erano nati dopo che il giornalista Patrik Lundberg, svedese ma nato in Corea del Sud, aveva raccontato sul quotidiano locale Dagens Nyheter di avere scoperto che i suoi genitori biologici non avevano mai dato il consenso per la sua adozione. Alla fine di un’indagine durata quasi quattro anni, lunedì la Commissione per le adozioni ha pubblicato il suo rapporto conclusivo: ne è venuto fuori che la storia di Lundberg non è isolata, anzi.

La Commissione ha concluso che per decenni la Svezia ha favorito l’adozione di bambini di vari paesi stranieri da parte di genitori svedesi avallando metodi poco etici, poco trasparenti o del tutto illegali. Il grosso delle irregolarità denunciate risale al periodo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Duemila, ma in alcuni paesi ci sarebbero stati casi anche in anni molto più recenti. Per esempio in Etiopia arriverebbero al 2018, secondo le indagini, quando il paese vietò le adozioni internazionali proprio in risposta a numerosi e gravi episodi di violazioni delle leggi nazionali e delle convenzioni internazionali sulle adozioni (non solo dalla Svezia).

Il rapporto dice che in Svezia furono dati in adozione bambini dichiarati morti alla nascita ma che morti non erano, oppure orfani anche quando in realtà avevano dei genitori biologici in vita. In alcuni casi i genitori biologici non firmarono alcun consenso informato e non è chiaro se fossero consapevoli o meno di quello che stava succedendo (come nel caso di Lundberg); in altri casi ancora furono falsificati documenti o non vennero prodotti del tutto, cosa che oggi fa sì che sia impossibile risalire alle origini del bambino.

Alcune delle organizzazioni svedesi coinvolte nel processo di adozione, sempre secondo il rapporto, sarebbero state consapevoli delle irregolarità, ma non avrebbero fatto nulla per evitarle, anche in paesi dove già allora si sapeva dell’esistenza di reti criminali che trafficavano bambini. I casi hanno riguardato paesi del Sud est asiatico (Vietnam, Sri Lanka, Thailandia, Corea del Sud), ma anche Cina, Cile, Colombia, Etiopia e Russia.

Anna Singer, la relatrice principale del rapporto ed esperta di diritto familiare (AP Photo/Ahn Young-joon)

La Svezia è stata per molti anni tra i paesi che permettevano il maggior numero di adozioni internazionali. Tra il 1960 e il 2025 sono stati adottati 60mila bambini provenienti da 60 paesi diversi. Quasi la metà di queste adozioni è stata gestita da una sola associazione, Adoptionscentrum, che nel rapporto è accusata di avere grandi responsabilità nelle irregolarità compiute negli anni.

Il rapporto si conclude anche con alcune raccomandazioni al governo svedese. Suggerisce intanto di scusarsi pubblicamente con le persone adottate con questo programma e con le loro famiglie, e invita a creare un centro specializzato per dare aiuto a chi volesse ricostruire la propria storia. Propone infine di garantire un rimborso fino all’equivalente di circa 1.300 euro a ciascuna persona adottata all’estero che volesse compiere un viaggio nel proprio paese d’origine, a prescindere dalla presenza di documentazione.

Infine, il rapporto suggerisce di rendere illegali le adozioni internazionali, eccetto nei casi in cui ci sia un legame tra il richiedente e il minore. È una cosa che è già stata fatta in altri paesi europei, come Paesi Bassi e Danimarca, e che si sta prendendo in considerazione in altri come Svizzera, Belgio o Norvegia.

Queste decisioni sono state spesso una conseguenza del fatto che in anni più recenti sono emerse un po’ dappertutto procedure opache usate per decenni per favorire l’adozione dei bambini dall’estero: diversi governi hanno risposto istituendo commissioni di inchiesta, bloccandole temporaneamente o interrompendole del tutto.

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