In Darfur gli attacchi del gruppo paramilitare Rapid Support Forces hanno causato un nuovo esodo di 400mila persone

Persone sfollate a Masteri, in Darfur (Mustafa Younes via AP, File)
Persone sfollate a Masteri, in Darfur (Mustafa Younes via AP, File)

Dopo essere stato cacciato dalla capitale Khartum nel mese di marzo, il gruppo paramilitare Rapid Support Forces (RSF, Forze di supporto rapido) ha concentrato le proprie forze e i propri attacchi nelle regione occidentale del Darfur, dove già controlla quattro delle cinque province. Nelle ultime settimane nella guerra civile contro l’esercito regolare ha continuato il suo assedio alla città di Al Fashir e ha conquistato la zona del campo profughi di Zamzam, dove si ritiene che fossero rifugiate oltre 500mila persone.

Dal Sudan e dal Darfur le notizie arrivano parzialmente e molto in ritardo, perché nessun giornalista straniero può accedervi, ma sono sempre più numerose le testimonianze che raccontano il grande esodo della popolazione civile da Zamzam, iniziato a metà aprile: 300mila persone si sarebbero spostate, perlopiù a piedi, verso Tawila. È distante circa 60 chilometri ed è controllata da un altro gruppo ribelle, che ha una posizione neutrale in questa guerra, il Movimento di liberazione del Sudan di Abdul Wahid al Nur. Altri 80mila si sarebbero diretti verso la più vicina Al Fashir. Le testimonianze raccontano anche della distruzione totale dell’area di Zamzam (le RSF procedono spesso incendiando tutte le zone “nemiche” che conquistano) e di violenze diffuse sulla popolazione civile, con uccisioni e stupri.

La guerra civile in Sudan è iniziata da oltre due anni e le Nazioni Unite stimano che abbia fatto 140mila morti.

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