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  • Sabato 24 maggio 2025

Elon Musk ha già chiuso con la politica?

Dopo avere seminato il caos negli uffici governativi americani si sta facendo vedere sempre meno, non solo per volontà sua

Elon Musk a una riunione di governo il 30 aprile (AP Photo/Evan Vucci)
Elon Musk a una riunione di governo il 30 aprile (AP Photo/Evan Vucci)
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Non più di un paio di mesi fa Musk era onnipresente nella politica statunitense: era spesso alla Casa Bianca, mandava lettere intimidatorie ai dipendenti statali, partecipava a campagne elettorali locali e alle riunioni di governo, twittava di argomenti politici centinaia di volte al giorno. Democratici e giornali avevano cominciato a chiamarlo “co-presidente”. Poi la sua presenza alla Casa Bianca è diventata molto più rara, così come la sua partecipazione a incontri internazionali, a eccezione di quelli legati a questioni personali (c’era per esempio all’imboscata di Trump al presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, che Musk, nato in Sudafrica, considera un suo nemico personale).

Dopo settimane in cui i media si interrogavano sul perché fosse scomparso da eventi e vicende della politica americana, è stato lo stesso Musk a dare una risposta. In un’intervista data mercoledì a Bloomberg mentre si trovava in Qatar, ha detto di ritenere di «avere fatto abbastanza» per il governo statunitense e per il Partito Repubblicano, e ha annunciato che ridurrà tempo e soldi investiti in politica.

In passato aveva già cambiato più volte idea sul suo livello di coinvolgimento con l’amministrazione Trump, ma questa volta ci sono buone ragioni per ritenere che non andrà così: sono ragioni legate soprattutto alle pessime ripercussioni che ha avuto il suo impegno politico sulle sue aziende, e al fatto che è diventato molto impopolare anche all’interno del governo statunitense e fra gli elettori del suo stesso partito.

Con Donald Trump a ottobre del 2024, durante la campagna elettorale (AP Photo/Alex Brandon)

Questo cambio si è visto per esempio su X, dove ha ricominciato a postare principalmente su temi legati allo spazio, ai veicoli elettrici e all’intelligenza artificiale. Il Washington Post ha fatto analizzare gli argomenti dei suoi tweet a febbraio e a maggio (sono migliaia). Il risultato è che i post politici sono in netto calo, dal 50 per cento a meno del 20 per cento, e che Musk nomina molto meno anche Trump, ora presente in meno del 3 per cento dei tweet: le questioni commerciali e aziendali sono preponderanti.

Nelle scorse settimane Musk aveva ridimensionato il suo impegno nel DOGE, il Dipartimento per l’efficienza del governo con cui si riprometteva di rivoluzionare l’amministrazione statunitense, procedendo con tagli radicali: da impegno a tempo pieno a «un paio di giorni alla settimana», fino a «una settimana sì e una no».

Che Musk avrebbe lavorato temporaneamente per l’amministrazione di Trump era previsto: è a capo del DOGE con la qualifica di “impiegato speciale del governo”, cosa che gli permette di far parte dell’amministrazione senza doversi sottoporre ai controlli finanziari degli impiegati governativi e senza dover disinvestire dalle proprie aziende. Questo ruolo si può ricoprire per 130 giorni all’anno e sarebbe arrivato a scadenza a fine maggio. Qualche mese fa l’amministrazione stava cercando una scappatoia alla regola (come contare solo i giorni lavorativi), ora non più. I 130 giorni non sono più il motivo dell’interruzione del rapporto.

I mesi di sovraesposizione politica hanno creato un danno di reputazione consistente alle sue aziende, e in particolare a Tesla, quella più legata all’opinione di consumatori che devono scegliere se acquistare il prodotto. Nei primi tre mesi del 2025 Tesla ha perso il 71 per cento del suo valore in Borsa: ha poi recuperato molto, restando però un titolo volatile e soggetto a variazioni legate a emozioni e impressioni, più che a motivi economici reali.

I dati peraltro sono peggiorati in modo preoccupante, con cali delle vendite soprattutto in Europa, dove il marchio ha perso enormemente valore per la nuova connotazione politica. La crisi sembrava destinata a continuare, tanto che il consiglio di amministrazione stava persino valutando la possibilità di sostituire Musk come amministratore delegato. Ritornare alle aziende è stata secondo alcuni analisti una scelta obbligata, che mitigherà gli effetti dei danni alla reputazione, senza cancellarli del tutto.

Una statua vandalizzata di Musk a Boca Chica, in Texas, che ospiterà una base di lancio di SpaceX (AP Photo/Valerie Gonzalez)

All’interno del governo il ridimensionamento di Musk è stato accolto con sollievo. Musk continua ad avere un buon rapporto con Trump, ma è entrato in contrasto con molti altri esponenti dell’amministrazione.

I giornali statunitensi hanno raccontato di liti con il segretario di stato Marco Rubio e con il segretario al Tesoro Scott Bessent, nell’ultimo caso per la nomina del direttore dell’IRS, l’agenzia delle entrate (ha poi prevalso la linea di Bessent). Sulla questione dei dazi, Musk ha pubblicamente insultato il consigliere al commercio Peter Navarro, mentre molti funzionari che hanno parlato in forma anonima ai giornali hanno raccontato che «trattava da dipendenti» membri del governo e consiglieri del presidente.

All’interno dell’amministrazione si è fatto pochi amici, mentre per il Partito Repubblicano la sua presenza ha iniziato a essere controproducente.

I sondaggi indicano che ha livelli di gradimento molto bassi, anche peggiori di quelli già molto bassi di Trump. Quando si è speso in prima persona in una campagna elettorale, per un giudice della Corte Suprema del Wisconsin, la candidata Democratica ha vinto con un vantaggio di 10 punti percentuali un’elezione che era considerata in bilico. Trump ha smesso di nominare Musk a marzo nelle mail che invia agli elettori per raccogliere fondi. Da inizio aprile non l’ha più citato nemmeno nei suoi molti post sul social Truth. I Democratici invece continuano a impostare molte delle loro campagne sul «co-presidente non eletto», sfruttando la sua impopolarità.

Elon Musk a Green Bay, durante la campagna elettorale in Wisconsin, col cappello dei tifosi locali di football (AP Photo/Jeffrey Phelps)

Musk per ora non ha ottenuto nemmeno risultati sostanziali nel DOGE, nonostante l’approccio molto aggressivo, spesso descritto «da motosega» (un’immagine molto utilizzata dal presidente argentino Javier Milei).

Per alcune settimane i suoi collaboratori hanno creato il caos in vari uffici governativi. I licenziamenti sono stati indiscriminati e spesso bloccati dai giudici; i risparmi annunciati di 1.000 miliardi di dollari (inizialmente erano 2.000), ora sono stati ridimensionati a 160 miliardi, e anche su queste cifre ci sono molti dubbi. Più che aumentarne l’efficienza, i tagli hanno spesso bloccato l’amministrazione, entrata in una gran confusione.

L’unico effetto concreto si è avuto con lo smantellamento di USAID, l’agenzia di aiuti internazionali, una decisione descritta da Bill Gates, fondatore di Microsoft, come «l’uomo più ricco del mondo che uccide i bambini più poveri del mondo».

Nelle ultime interviste Musk ha ammesso i problemi incontrati nel progetto («C’è molta inerzia»), ha ridimensionato il suo ruolo, dicendo che il DOGE «forniva consulenza» e ha assicurato che il dipartimento continuerà a lavorare. Non esiste in realtà una figura dirigenziale che possa sostituirlo, ma alcuni dei suoi collaboratori hanno assunto ruoli stabili all’interno dell’amministrazione.

Elon Musk a marzo 2025 (AP Photo/Jose Luis Magana)

Anche se dovesse tornare a essere solo un uomo d’affari, la sua influenza politica si ridurrà, ma non sembra destinata a scomparire. Almeno per il momento Musk ha ancora un rapporto diretto e solido con Trump e grazie al social X ha un notevole potere di condizionamento della base Repubblicana, e in generale dell’opinione pubblica. Continua inoltre ad avere enormi fondi che può scegliere di investire in un’elezione: «Se in futuro vedrò una ragione per spendere soldi in politica, lo farò. Al momento non ne vedo».

Musk ha speso quasi 290 milioni di dollari per le presidenziali dello scorso novembre. Quando si avvicineranno elezioni importanti, come quelle di metà mandato (novembre 2026), molti candidati Repubblicani potrebbero avere interesse a ristabilire un qualche tipo di relazione stretta con lui.

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