Lo shopping online ha salvato le portinerie?

Dalla pandemia in poi non sembrano essere aumentate, ma neanche diminuite, che è già qualcosa

Un portiere a New York, il 12 febbraio del 2018
(AP Photo/Andres Kudacki)
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Sono passati più di cinque anni dall’inizio della pandemia, della crescita dello shopping online e dell’aumento delle consegne di pacchi a domicilio. In un primo momento si ipotizzò che queste nuove abitudini avrebbero portato a rivalutare il ruolo delle portinerie di condominio, un servizio che negli anni precedenti sembrava destinato a scomparire. Secondo un’indagine del 2022 del sito di annunci di case Immobiliare.it, il 38 per cento delle 3mila persone interpellate cercava una casa con portineria. La percentuale superava il 50 per cento tra quelle con meno di trent’anni. La Morabito Immobiliare, un’agenzia di Milano (la città dove da sempre le portinerie sono più diffuse), parlò di un «boom di richieste» e disse che era causato dal cosiddetto “effetto Amazon”.

Oggi i dati della stessa piattaforma mostrano come nelle varie città, tra il 2021 e il 2025, le case con portineria non siano sostanzialmente aumentate, ma nemmeno diminuite. Che è significativo, soprattutto se si considera che nel frattempo sono nati nuovi servizi alternativi.

Non esistono dati completi sulla diffusione dei condomini con portineria in Italia. Secondo Immobiliare.it Insights, che si occupa dell’analisi dei dati della piattaforma (quindi basati solo sugli annunci di case in vendita), Milano è di gran lunga la città con la maggior percentuale di annunci di case in vendita con portineria: sono il 32 per cento del totale. Non c’è una ragione chiara, ma si può ipotizzare che con l’espansione della città nel secondo dopoguerra qui siano state costruite più palazzine nuove che altrove, e siano state dotate di spazi per la portineria che proprio in quegli anni cominciava a essere più richiesta dai condomini. Seguono a buona distanza Napoli (13,3), Roma (11,8), Torino (9,2) e Palermo (8,8).

Nel 2021 queste percentuali non erano molto diverse da quelle di oggi (32,8, 13,2, 12,9, 8,2 e 7,5). Uno studio di amministrazione e due agenzie di servizi sentiti dal Post hanno detto di non aver notato un aumento negli ultimi anni, e non hanno riferito di condomìni che hanno ripristinato il servizio dopo averlo interrotto. Anche da quello che risulta a Confedilizia, un’organizzazione che riunisce le associazioni territoriali dei proprietari di immobili, il numero dei portieri in Italia è pressoché stabile.

Secondo l’architetto Andrea Bentivegna, comunque, con il gran traffico di pacchi e pacchetti, aspetti del mestiere prima considerati superflui hanno cominciato a essere di nuovo percepiti come valori aggiunti. Nel 2019 Bentivegna aveva curato una mostra organizzata dal Centro Studi Giorgio Muratore, intitolata proprio Portinerie. Sviluppata attorno al lavoro dell’illustratrice Giulia Carioti, del fotografo Tommaso Sacconi e della designer Miriam Ciamarone, era volta proprio a riscoprire il valore architettonico e sociale delle portinerie. Da allora, nel suo piccolo, Bentivegna ha avuto l’impressione che alcune guardiole di Roma che erano state abbandonate adesso siano di nuovo utilizzate.

La portineria assunse un’importanza particolare soprattutto nelle palazzine residenziali costruite durante il boom economico del secondo Novecento, spesso progettate da grandi architetti. Sempre l’indagine di Immobiliare.it Insights mostra che gli edifici con portineria sono di gran lunga più diffusi nei grossi centri urbani rispetto ai più piccoli, dove prevalgono le case singole o altri edifici residenziali, e se ne trovano in numeri significativi sia nei quartieri centrali che in quelli più periferici.

Come racconta Bentivegna, dopo la Seconda guerra mondiale la palazzina divenne una «nuova protagonista della storia urbana», un simbolo delle nuove classi agiate, e «altrettanto irrinunciabile» era la figura del portiere (secondo l’Accademia della Crusca, anche se la parola “portiere/a” ha altri significati che possono confondere chi legge, è preferibile usarla al posto di “portinaio/a” perché quest’ultima rischia di essere connotata in senso dispregiativo).

Custode dell’edificio, primo conoscitore di chi lo abitava e memoria storica del posto, negli anni Cinquanta il portiere accoglieva chi arrivava, curava l’androne e faceva piccole manutenzioni; spesso era un inquilino dell’edificio stesso e il mestiere si passava di padre in figlio. Ma soprattutto era un filtro «tra la dimensione pubblica e quella privata dell’abitazione», tanto da essere un espediente narrativo sia in letteratura sia in film come La banda degli onesti (1956) e Siamo tutti inquilini (1953) con Totò e Aldo Fabrizi. Le cose però cambiarono nel giro di poco.

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Negli anni Ottanta le riviste di architettura pubblicizzavano con enfasi i “portieri elettronici”, cioè i videocitofoni, racconta Bentivegna: segno che il ruolo del portiere era visto non solo come desueto, ma anche troppo costoso. Gli appartamenti una volta abitati dai portieri cominciarono a essere venduti e le loro guardiole smantellate o trasformate in sgabuzzini.

Un articolo pubblicato sul Giornale nel febbraio del 2009 parlava dei «portieri milanesi in via d’estinzione», con 400 guardiole chiuse ogni anno. In un altro articolo di pochi mesi dopo sempre Il Giornale scriveva che in Italia c’erano in totale circa 90mila stabili residenziali con portineria: un calo del 15 per cento rispetto a tre anni prima.

Il problema infatti è che il costo del servizio di portineria incide parecchio sugli stabili di piccole dimensioni, dove la spesa viene ripartita fra poche famiglie, mentre è diverso per i super-condomini, cioè gli stabili con centinaia di appartamenti, dove quindi il servizio è più accessibile. Il ruolo del portiere comunque ha perso gradualmente rilevanza, almeno fino al massiccio cambiamento delle abitudini di acquisto degli ultimi anni.

Janeth Sanchez fa la portiera in una palazzina con cinque piani e una ventina di appartamenti nel sud di Milano, e racconta che in media gestisce una decina di pacchi al giorno. A riceverli sono soprattutto persone giovani, che lavorano fuori casa, e se non hanno nessuno che li ritira per loro «è un disastro». Smistare posta e pacchi è un lavoro che, assieme alle altre incombenze, tiene impegnati per tutta la giornata.

Se non ci fosse questa necessità comunque a suo dire il servizio di portineria rischierebbe di essere messo in discussione o magari ridotto a mezza giornata.

Per via dell’aumento del carico di lavoro legato all’e-commerce, dal primo gennaio del 2022 il contratto nazionale di settore include anche il ritiro e la distribuzione della corrispondenza straordinaria, cioè tutta quella che per essere ritirata necessita di una firma del ricevente. Con questo aggiornamento i custodi possono pertanto ritirare pacchi o raccomandate, previa delega rilasciata dal condomino o dall’inquilino, e per questo compito hanno diritto a un compenso specifico e alle relative indennità in busta paga.

Secondo la società di servizi immobiliari Engel & Völkers il servizio di portineria è molto richiesto anche perché, al di là della comodità, «migliora la sicurezza e il valore dell’immobile». Per questo nei palazzi di nuova costruzione e senza portineria si stanno diffondendo le “locker room”, o “delivery locker”, cioè apposite stanze o armadietti dove far lasciare i pacchi in sicurezza. I locker pubblici, che possono essere aperti dai proprietari dei pacchi tramite un codice mandato dall’e-commerce, sono sempre più diffusi nelle grosse città.

Sono spuntati anche servizi alternativi come le portinerie di quartiere e le portinerie sociali, cioè piccole attività commerciali, come edicole e bar, che offrono servizi tipicamente associati a quelli svolti dai portieri, a pagamento. Esistono poi servizi ancora più evoluti che oltre allo smistamento di pacchi e corrispondenza propongono in abbonamento altri servizi, tra cui quelli di pulizia e lavanderia o di consulenza fiscale, legale e assicurativa.

Uno di questi è Family Hub, che si rivolge agli abitanti di Cascina Merlata, un quartiere in sviluppo nel nord-ovest di Milano, ed è un punto di riferimento per gli edifici che non hanno un servizio di portineria. Al momento dicono che gli abbonamenti attivi per il servizio di smistamento dei pacchi sono 90 su 5 o 6 lotti abitati, vale a dire diverse centinaia di appartamenti: quando il quartiere sarà completato, potenzialmente il servizio riguarderà circa 15mila abitanti.

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