C’è un carcere in Italia dove i bambini vanno più volentieri a visitare i padri detenuti
È quello di Marassi, a Genova, in cui ci sono spazi colorati per giocare e professionisti che assistono le famiglie divise

Il carcere maschile di Marassi, a Genova, ha un ingresso speciale per i minori che vanno a trovare i loro padri detenuti. Dà direttamente sulla strada, e non c’è nessun metal detector da attraversare, nessun cane antidroga che annusa, e nessun suono disturbante di sbarre che scorrono: oltre la porta ci sono pennarelli, libri e giochi, e anche alcuni professionisti tra educatori e psicologi che intrattengono i minori mentre i familiari svolgono la lunga trafila di controlli per entrare a fare visita a qualcuno dei detenuti, un momento che spesso aggiunge stress e mestizia a chi sta già vivendo una condizione molto difficile.
Questo spazio, chiamato Spazio Barchetta, fa parte di un progetto sperimentale unico nelle carceri italiane, di cui solitamente si parla per le condizioni degradanti e per la carenza di programmi in favore della socialità dei detenuti. Lo Spazio Barchetta e tutto quello che gli sta intorno puntano al sostegno emotivo e psicologico dei figli che hanno un genitore in carcere, riconoscendo loro una fragilità e delle accortezze che il sistema di per sé non prevede. Lo ha raccontato Repubblica Genova.
Il progetto è curato da un team di undici specialisti, tra educatori, assistenti sociali e psicologi, che accolgono, parlano e giocano con bambini e ragazzi che entrano nella struttura: si contano 130 ingressi di minori ogni mese.
Un progetto di questo tipo è simile allo Spazio Giallo del carcere di Bollate, vicino Milano, che però non prevede attività per gli adulti. Il team al carcere di Genova invece si rapporta anche con i genitori, sia quelli dentro che quelli fuori dal carcere, che in entrambi i casi hanno le loro difficoltà. La pedagogista coordinatrice del progetto, Vanessa Niri, ha raccontato a Repubblica che mentre chi sta fuori può avere problemi più legati alla gestione quotidiana della famiglia, come l’iscrizione a scuola o l’accesso ai contributi statali, il genitore detenuto si ritrova a cercare di capire come fare a mantenere il rapporto col figlio a distanza e con le limitazioni pratiche e il peso psicologico della mancanza di libertà.
I professionisti di Spazio Barchetta organizzano per i detenuti incontri proprio per parlarne e ogni due mesi realizzano dentro agli spazi del carcere alcune iniziative per tentare una «genitorialità normale» in giornate dedicate al rapporto tra genitori e figli, tra giochi, sport e attività. Niri ha detto a Repubblica che ogni volta coinvolgono un centinaio di persone.
Il progetto prossimamente sarà esteso ad altre carceri in Liguria, ed è già avviato al carcere di Pontedecimo, sempre a Genova. Nel frattempo le diverse associazioni coinvolte amplieranno anche i servizi esterni a sostegno di genitori e figli fuori dal carcere. Niri ha spiegato a Repubblica che lo Stato non prende provvedimenti particolari per occuparsi di chi resta fuori: «avere assistito all’arresto del papà o avere il papà in carcere è una bomba atomica nella loro vita, ma non sono riconosciuti come soggetti fragili in quanto figli di detenuti».
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