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  • Martedì 13 maggio 2025

Su Africa e Mediterraneo il governo Meloni continua a non essere ascoltato dalla NATO

C'erano grosse aspettative per un incarico importante affidato all'Italia, ma finora sono state deluse

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il segretario generale della NATO Mark Rutte
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il segretario generale della NATO Mark Rutte durante un incontro a Palazzo Chigi, il 5 novembre 2024 (Roberto Monaldo/LaPresse)
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Un anno fa alcuni collaboratori di Giorgia Meloni iniziarono a esprimere fiducia sulla possibilità di un’imminente nomina di un diplomatico italiano tra i dirigenti della NATO, l’alleanza militare occidentale, come nuovo rappresentante speciale per le relazioni coi paesi confinanti del Sud. I giornali ne scrissero, se ne discusse in parlamento: ma non si capì mai fino in fondo quali mansioni avrebbe concretamente dovuto svolgere questo nuovo inviato.

Sarebbe stato un successo di un certo rilievo del governo Meloni: da anni infatti l’Italia cerca di porre l’attenzione della NATO sul cosiddetto “fianco sud”, cioè sul Mediterraneo, sollecitando gli Stati Uniti e i loro alleati europei a dare maggiore importanza agli sviluppi sociali, politici e militari in Africa, e a impegnarsi con più concretezza in quell’area.

Sia Meloni, sia i ministri degli Esteri e della Difesa Antonio Tajani e Guido Crosetto, provarono in quei mesi in più occasioni a propiziare questa nomina. Non se ne fece niente. Anzi, nel luglio del 2024 l’allora segretario generale della NATO Jens Stoltenberg attribuì la delega per il “fianco sud” allo spagnolo Javier Colomina, suo stretto collaboratore dal 2021. Il governo italiano protestò: il ministro Crosetto disse che confidava di poter ottenere una revisione di quella nomina nell’ottobre seguente, quando Stoltenberg sarebbe stato sostituito dall’ex primo ministro dei Paesi Bassi Mark Rutte alla guida della NATO. Così non è stato.

Mercoledì scorso, rispondendo a una domanda di Carlo Calenda durante il Question Time al Senato, Meloni è tornata a parlarne: «Penso che sia arrivato il momento in cui la NATO prenda in maggiore considerazione il “fianco sud” dell’Alleanza». È stata un po’ una rinnovata protesta, ma al tempo stesso un’ammissione di inconcludenza. Fonti della NATO confermano che Colomina resterà nel suo incarico e che nessuna nuova nomina è in vista.

La questione del “fianco sud” della NATO è un assillo ricorrente per tutti i governi italiani da almeno quindici anni: da quando, cioè, l’attenzione dell’Alleanza atlantica si è progressivamente spostata dall’Europa e dal Medioriente all’Indopacifico e all’Ucraina. Gli Stati Uniti hanno sempre più ridotto le loro attenzioni sulle faccende mediterranee e africane, concentrandosi maggiormente sul confronto con la Cina e la Russia, proprio mentre il governo italiano iniziava a dover gestire le conseguenze di grossi avvenimenti nel Nord Africa: la crescita demografica, le migrazioni sempre più numerose, le crisi economiche e i colpi di Stato dopo il periodo delle cosiddette primavere arabe.

La richiesta dell’Italia sarebbe quella di destinare maggiori risorse finanziarie e militari alle missioni in Africa: promuovere lo sviluppo di alcuni paesi, così da accattivarsi i governi locali e garantirsene la fedeltà; mostrarsi più determinati nel contrastare le ingerenze russe e cinesi in varie regioni; fornire agli eserciti regolari dei paesi considerati amici supporto logistico, di intelligence, e armamenti, così da evitare il proliferare di milizie ostili ai paesi occidentali; pianificare operazioni militari per presidiare alcune aree particolarmente delicate o contrastare il traffico di armi, la tratta di esseri umani e il proliferare del terrorismo. Sono tutte cose che poi hanno conseguenze dirette anche sull’Europa e sui paesi del Mediterraneo. Questo, in sostanza, è quello che intende il governo italiano quando parla di dare maggiore attenzione al “fianco sud”.

– Leggi anche: Che cosa fa il gruppo Wagner in Africa

A fine giugno del 2022, durante una riunione a Madrid, il governo di Mario Draghi (in particolare il ministro della Difesa Lorenzo Guerini) dovette faticare per ottenere che nel nuovo Strategic concept, cioè nel documento che indica le priorità strategiche della NATO, venisse inserito un passaggio specifico che confermava l’importanza del “fianco sud”. Meloni e Crosetto hanno insistito su questo tema da quando sono al governo: e in più occasioni hanno ribadito i rischi connessi alla sottovalutazione delle minacce che arrivavano dall’Africa. Anche in vari incontri del G7 presieduti dall’Italia il tema fu sollevato.

A metà giugno, durante una delle sessioni di lavoro del G7 a Borgo Egnazia, Meloni mostrò una cartina dell’Africa su cui venivano segnalati con apposite bandierine i paesi del continente che erano finiti sotto il controllo o la sfera di influenza di Russia e Cina. L’obiettivo, avrebbe spiegato poi Meloni, era mostrare che i due principali rivali della NATO stavano guadagnando influenza in un’area vicina all’Europa, anche a causa della disattenzione e del disinteresse della NATO. Meloni poi mostrò una mappa simile durante la riunione della NATO che si svolse a Washington tra il 9 e l’11 luglio.

Proprio in quell’occasione, però, la speranza del governo di Meloni che un italiano fosse nominato come rappresentante speciale per il Mediterraneo perse ogni consistenza.

I negoziati che furono portati avanti dalla presidente del Consiglio e dal ministro della Difesa si scontrarono in particolare con due elementi. Il primo era il fatto che il capo di stato maggiore della Difesa italiano, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, era da poco stato scelto come nuovo presidente del comitato militare della NATO, cioè in sostanza il direttore della struttura militare dell’Alleanza: un nuovo importante incarico all’Italia avrebbe quindi potuto generare polemiche tra gli altri paesi europei. Il secondo era il fatto che proprio il segretario generale Stoltenberg era contrario a creare una nuova struttura e a nominare un nuovo rappresentante con compiti specifici per il “fianco sud”.

Fu così che alla fine si decise di attribuire a Colomina una delega aggiuntiva.

Il ministro della Difesa Guido Crosetto incontra il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg a Roma, il 10 novembre 2022 (Ufficio Stampa Ministero Difesa/LaPresse)

La delusione del governo fu manifestata con chiarezza da Crosetto durante una sua relazione alla Camera. Il ministro della Difesa, riassumendo l’andamento dell’incontro e la sua conclusione, denunciò l’inconsistenza delle decisioni prese dalla NATO per l’Africa («Non ha mai adottato provvedimenti concreti», disse), parlò di un impegno «residuale, sia in termini di risorse che in termini di postura» da parte dei dirigenti dell’Alleanza.

La delusione del governo era dovuta anche al fatto che la NATO rifiutò la proposta italiana di avviare una missione che avrebbe dovuto coinvolgere paesi della regione africana del Sahel e del Nord Africa: l’idea era quella di una cooperazione sul piano industriale, ma che prevedesse anche attività di formazione e addestramento degli eserciti locali, sul modello di quella che la NATO svolge in Iraq dal 2004. Ciò avrebbe consentito al governo italiano anche di dare maggiore consistenza al cosiddetto Piano Mattei, il piano di cooperazione allo sviluppo con l’Africa a cui Meloni lavora fin dal 2022, e che invece fu ridimensionato da quell’incontro (ancora oggi è un po’ inconsistente).

Ma fu ovviamente la mancata nomina di un rappresentante speciale per il fianco sud a indispettire di più il governo. Meloni chiese all’ambasciatore Marco Peronaci, il rappresentante diplomatico italiano alla NATO, di scrivere immediatamente una lettera di protesta formale contro la decisione, lamentando peraltro il mancato coinvolgimento del suo governo nella decisione. Crosetto scrisse personalmente a Stoltenberg «un messaggio durissimo», come disse in un’intervista alla Stampa.

«Mi ha fatto infuriare e ci saranno conseguenze sul piano dei rapporti personali», disse al giornalista Francesco Olivo, spiegando però che il problema dell’Italia era con Stoltenberg personalmente, e non con la NATO in generale. Per questo diceva di augurarsi che con Rutte la decisione potesse essere rivista. Dieci mesi dopo quelle dichiarazioni, e sette mesi dopo l’inizio del mandato di Rutte, nulla è cambiato.

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