È difficile prevedere che papa sarà Leone XIV

Oltre a essere poco inquadrabile nello schema fra "conservatori" e "progressisti", certe sue dichiarazioni risalgono ormai a diversi anni fa

(Christopher Furlong/Getty Images)
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Da quando il cardinale statunitense Robert Francis Prevost è diventato Leone XIV i giornali di tutto il mondo hanno iniziato a cercare informazioni sul suo conto, per capire cosa aspettarsi dal suo papato in base a quello che ha detto e fatto in passato. È un’operazione complicata, per molte ragioni: prima di tutto perché Prevost non è facilmente inquadrabile dentro a categorie come “progressista” o “conservatore”, per quanto valgano dentro la Chiesa.

Sebbene sia tendenzialmente considerato più assimilabile alla prima, per tutta la sua carriera ha svolto incarichi di mediazione e di recente sono riemerse alcune sue dichiarazioni assai poco accoglienti nei confronti delle persone omosessuali. Peraltro sono premesse del tutto simili a quelle con cui iniziò il mandato di papa Francesco, che almeno all’inizio era considerato un candidato di compromesso e non apertamente schierato: su molte questioni, per esempio la migrazione e il cambiamento climatico, fu poi chiaro il suo allineamento a sinistra.

Prevost inoltre sarà un papa con un profilo mai visto, per tante ragioni: non sarà solo il primo papa statunitense ma anche il primo boomer, nato cioè subito dopo la Seconda guerra mondiale, e anche il primo papa ad appartenere all’Ordine di Sant’Agostino nella storia della Chiesa. Le sue dichiarazioni passate poi non coprono tutte le questioni di cui dovrà occuparsi da papa: sappiamo poco, per esempio, su cosa pensi delle disastrate finanze del Vaticano.

A giudicare da diverse sue dichiarazioni passate sembra comunque piuttosto allineato a papa Francesco, che nel suo discorso inaugurale ha citato più volte, su un’idea di chiesa accogliente, sull’attenzione ai paesi non occidentali e alle persone migranti.

Prevost ha parlato più volte della necessità che la Chiesa diventi una «tenda», immagine cara anche a papa Francesco, in cui c’è posto per tutti, senza esclusioni o rigidità ideologiche. «Quando un’ideologia diventa, per così dire, il padrone della mia vita, allora non posso più dialogare con un’altra persona perché ho già deciso come andranno le cose. Pertanto, sono chiuso all’incontro e la trasformazione non può avvenire», ha detto Prevost durante un’intervista con l’ordine agostiniano italiano.

(Ivan Romano/Getty Images)

Nei suoi discorsi pubblici poi Prevost insiste spesso sul suo passato da missionario in Perù, un paese di cui ha anche ottenuto la cittadinanza, e sulla necessità di una Chiesa che non respinga nessuno. Jesus Leon Angeles, coordinatrice di un gruppo religioso di Chiclayo che lo conosce dal 2018, ha detto a Reuters che negli anni Prevost ha dimostrato attenzioni speciali per i molti migranti venezuelani che si sono rifugiati in Perù scappando dal regime di Nicolás Maduro. Al contempo, Prevost non ha fatto mai dichiarazioni esplicite sulla necessità di accogliere le persone migranti.

Anche sul cambiamento climatico Prevost sembra allineato a papa Francesco: durante un convegno del 2023 in Vaticano disse che era ora di passare «dalle parole ai fatti» verso una maggiore sostenibilità: dall’altra parte non è solito criticare il sistema economico che ha originato il cambiamento climatico né tantomeno il modello capitalista, due punti su cui invece papa Francesco era molto più duro.

Nelle ultime ore sono state molto commentate alcune sue dichiarazioni del 2012 per indicare una sua ostilità ai diritti delle persone LGBTQ+. Quell’anno in un discorso ad altri vescovi si lamentò del fatto che nei media occidentali e nella cultura pop venissero promosse «idee e pratiche in contrasto con il Vangelo», citando fra queste «stili di vita omosessuali e modelli di famiglia alternativi, comprese le coppie dello stesso sesso e i loro bambini adottati». Quando era vescovo di Chiclayo, in Perù, si oppose invece a un’iniziativa del governo di introdurre gli studi di genere nelle scuole, dicendo che «la promozione dell’ideologia di genere confonde, perché cerca di creare generi che non esistono».

Sono dichiarazioni significative, ma di diversi anni fa: è insomma difficile capire che posizionamento avrà durante il suo pontificato solo a partire da queste, oppure se nel frattempo Prevost abbia cambiato idea, in un senso o nell’altro.

Sappiamo invece che è generalmente contrario al coinvolgimento delle donne in ruoli di potere all’interno della Chiesa. Nel 2023 durante una conferenza stampa disse che «estendere il sacerdozio alle donne non risolve necessariamente un problema, ma potrebbe crearne uno nuovo»: è la tesi principale della fazione conservatrice della Chiesa contro un maggiore coinvolgimento delle donne, richiesta ormai da anni dalle fazioni più progressiste.

Anche su questo tema però è possibile che le sue opinioni siano più sfumate di quanto sembrino: quando nel 2023 papa Francesco nominò tre donne al Dicastero per i vescovi, il dipartimento del Vaticano di cui è stato a capo dal 2023 all’aprile del 2025, Prevost disse che «il loro punto di vista è un arricchimento», e che la loro nomina indicava «una partecipazione vera, reale e significativa».

Per quanto riguarda gli abusi sessuali Prevost è stato coinvolto tangenzialmente in due casi, uno in Perù e uno negli Stati Uniti. In entrambe le occasioni è stato accusato di avere gestito male le accuse nei confronti di sacerdoti a lui vicini: in compenso nelle più recenti dichiarazioni pubbliche su questo tema Prevost è sempre stato molto netto. In un’intervista del 2023 con Vatican News, per esempio, disse: «Il silenzio non è la soluzione. Dobbiamo essere trasparenti e sinceri, accompagnare e aiutare le vittime, perché altrimenti le loro ferite non si rimarginano mai. C’è una grande responsabilità in questo, per tutti noi».

– Leggi anche: Le critiche a Leone XIV sulla gestione di due casi di abusi sessuali

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