L’abolizione dell’abuso d’ufficio è legittima, dice la Corte costituzionale

I giudici sostengono che la legge voluta e approvata dal ministro Carlo Nordio non violi gli accordi internazionali

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio (ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
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Secondo la Corte costituzionale la cancellazione del reato di abuso d’ufficio voluta e approvata dal ministro della Giustizia Carlo Nordio è legittima. La Corte ha spiegato in una nota di non aver ritenuto ammissibili quasi tutti i ricorsi presentati negli ultimi mesi e di aver respinto l’unica obiezione discussa nel merito: la cancellazione del reato non viola gli accordi internazionali firmati dall’Italia, ha confermato la Corte.

Il reato di abuso d’ufficio prevedeva l’incriminazione in seguito a illeciti commessi da pubblici ufficiali nell’esercizio delle proprie funzioni. Era disciplinato dall’articolo 323 del codice penale e la condanna comportava la reclusione da uno a quattro anni. Questo reato era contestato soprattutto dai sindaci – sia di destra, sia di sinistra – perché prevedeva un’interpretazione troppo estensiva: gli amministratori potevano infatti essere accusati per errori involontari dovuti a una loro decisione o anche a una loro firma.

Il timore di essere accusati di questo reato ha spinto molti di loro a evitare di firmare autorizzazioni e altri atti, che avrebbero potuto costituire prove della loro colpevolezza: questo comportamento ha inevitabilmente rallentato procedure e processi amministrativi. I timori erano legati anche al fatto che negli ultimi anni oltre il 90 per cento dei processi per abuso d’ufficio è finito con archiviazioni o assoluzioni.

Nell’ultimo anno la cancellazione dell’abuso d’ufficio, uno degli obiettivi più importanti della riforma della giustizia, era stata contestata da 14 differenti ordinanze presentate da diversi livelli del sistema giudiziario, compresa la Corte di Cassazione.

Tuttavia l’unico ricorso ritenuto legittimo dalla Corte costituzionale è stato quello presentato dall’avvocato Manlio Morcella, che aveva contestato la violazione degli accordi internazionali previsti dalla convenzione di Merida firmata nel 2003 con cui l’Italia si era impegnata a contrastare la corruzione. I giudici hanno ritenuto il ricorso infondato, spiegando che gli accordi di Merida non obbligano gli stati a prevedere il reato di abuso d’ufficio, né il divieto di abrogarlo. Nelle motivazioni che saranno diffuse nelle prossime settimane si potrà capire nel dettaglio la decisione dei giudici.

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