L’Italia sta comprando sempre più gas dalla Russia

Nel 2024 è stato di gran lunga il paese europeo che ne ha importato di più: ma ora la Commissione Europea ha promesso divieti e le alternative non sono semplici

Il rigassificatore di Ravenna nell'aprile scorso (Gianluca Angelini/ANSA)
Il rigassificatore di Ravenna nell'aprile scorso (Gianluca Angelini/ANSA)
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Nel 2024, secondo i dati forniti dall’accreditato osservatorio britannico Ember, l’Italia ha triplicato l’importazione di gas dalla Russia rispetto all’anno precedente, passando da 2,1 a 6,2 miliardi di metri cubi. È stato di gran lunga l’incremento più consistente, in termini assoluti, all’interno dell’Unione Europea, dove pure nel complesso c’è stato un incremento del 18 per cento rispetto al 2023 (da 38 miliardi a 45 miliardi di metri cubi). Dopo l’Italia, gli altri paesi che hanno aumentato le importazioni sono stati Repubblica Ceca (+2 miliardi di metri cubi) e Francia (+1,7 miliardi di metri cubi). Il gas russo, a fine 2024, pesava per il 14 per cento di tutto quello consumato nell’Unione; i primi dati sul 2025 dicono che la quota sta crescendo ancora.

Eppure presto bisognerà fare diversamente, come la stessa Giorgia Meloni ha ribadito oggi al Senato. Martedì infatti il commissario europeo all’Energia, Dan Jorgensen, ha annunciato che il prossimo mese la Commissione introdurrà dei divieti che impediranno agli stati membri di continuare a comprare energia dalla Russia. Non si potranno più concludere nuovi accordi, e quelli già esistenti dovranno interrompersi entro la fine di quest’anno per quel che riguarda le forniture estemporanee ed entro il 2027 per i contratti di più lunga durata.

Durante il 2025, quindi, i vari governi europei dovranno elaborare dei nuovi piani di approvvigionamento energetico che tengano conto di queste restrizioni: l’Italia, che è uno dei paesi più esposti soprattutto per quel che riguarda il gas, dovrà fare uno sforzo non banale.

È una dinamica rilevante anche a livello economico. Il commissario Jorgensen ha spiegato che nel 2024 l’Unione ha comprato energia dalla Russia per 23 miliardi di euro, e che in generale dall’inizio della guerra ha pagato alla Russia in acquisti di gas una cifra maggiore di quella versata all’Ucraina come aiuti per finanziare la resistenza.

I dieci principali importatori europei di gas russo (sia via gasdotto sia GNL) nel 2024: l’Italia è prima (fonte: osservatorio Ember)

Secondo cifre non ufficiali e fornite in maniera molto prudenziale dal ministero dell’Ambiente, nel 2024 l’Italia ha speso circa 3 miliardi di euro per l’acquisto di gas prodotto in Russia: una cifra simile se non superiore al valore totale degli aiuti militari e umanitari forniti all’Ucraina dal nostro paese dal febbraio del 2022, escludendo le spese per l’accoglienza dei rifugiati (secondo il Kiel Institute, uno dei più affidabili in questo campo, gli aiuti all’Ucraina sono valsi 2,2 miliardi di euro; al ministero della Difesa contestano questa stima e suggeriscono che il totale si avvicini ai 3 miliardi).

I dati del 2024 sono particolarmente interessanti: sembrano infatti evidenziare, se non un ripensamento, quantomeno un indebolimento delle politiche di diversificazione degli approvvigionamenti avviate dal governo di Mario Draghi fin dall’aprile del 2022, poche settimane dopo l’invasione dell’Ucraina. All’epoca l’Italia era dipendente dalle importazioni di gas russo per poco meno del 40 per cento del suo fabbisogno, cioè grosso modo 30 miliardi di metri cubi all’anno.

Il piano del governo Draghi, promosso dall’allora ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, prevedeva un significativo aumento delle importazioni dall’Africa (dall’Algeria anzitutto, poi dalla Libia e in misura minore da Angola e Mozambico) soprattutto tramite il gasdotto TransMed, che attraversava il Mediterraneo e arrivava in Sicilia, e un altrettanto importante potenziamento delle importazioni dall’Azerbaijan, a est, tramite il gasdotto TAP che arriva in Puglia. La transizione fu complessa e più lenta del previsto: dopo un anno gli acquisti di gas dalla Russia si erano ridotti a meno di un terzo, cioè circa 9 miliardi di metri cubi all’anno, ma la direzione sembrava comunque chiara.

Il 2024, invece, ha visto un’inversione di tendenza: l’Italia ha aumentato notevolmente i suoi acquisti di gas dalla Russia.

Questo aumento viene spiegato dagli addetti ai lavori con una generale ansia – non solo dell’Italia – di comprare gas in eccesso rispetto al fabbisogno attuale in vista della chiusura del gasdotto ucraino, che dal 31 dicembre scorso non fa più transitare gas russo verso l’Europa. Inoltre, come spiegano informalmente dallo staff del ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, c’era una grossa riserva di gas russo già acquistato da terzi, in particolare da intermediari che operavano dalla Svizzera, che lo hanno rivenduto a un prezzo che il governo italiano ha ritenuto conveniente, e per questo ha deciso di accaparrarselo.

Per l’Italia l’acquisto è avvenuto in parte attraverso il metanodotto che ha il suo punto d’accesso a Tarvisio, in Friuli Venezia Giulia, e che ci ha consentito per decenni di rifornirci dalla Russia attraverso l’Austria: da lì nel 2023 erano passati 2,8 miliardi di metri cubi di gas, mentre nel 2024 ne sono transitati il doppio, 5,6 miliardi. Ma l’incremento più sostanzioso è avvenuto tramite il GNL, cioè il gas naturale liquefatto che viene trasportato con delle apposite navi. L’Italia ne ha aumentato l’acquisto dalla Russia ma in una misura e con scelte di cui si sa poco, e su cui il governo fornisce spiegazioni molto parziali e frammentate.

Sono per lo più acquisti secondari, cioè che non avvengono direttamente dalla Russia. Il GNL russo viene acquistato in prima istanza da paesi del nord Europa e poi venduto tramite il principale mercato europeo del gas (il TFF, con sede nei Paesi Bassi), viaggiando nella rete europea fino a raggiungere gli altri paesi. Sono quasi sempre acquisti estemporanei o con contratti di breve durata, chiamati “contratti spot”, al contrario delle forniture di lungo periodo.

C’è poi una questione ancora più delicata, e cioè l’ipotesi che anche l’Italia, come vari altri paesi, possa aver acquistato il GNL in modo assai più opaco attraverso le cosiddette “flotte fantasma”: navi che la Russia utilizza per trasportare clandestinamente il GNL anche verso paesi a cui non potrebbe venderlo, aggirando le sanzioni. Che questo fenomeno riguardi molti paesi europei è assodato, al punto che la Commissione ha annunciato un piano specifico e una missione navale per monitorare i traffici navali sospetti.

Da mesi le intelligence europee, compresi i servizi segreti italiani, ritengono che dietro alcuni strani attentati o sabotaggi a petroliere avvenuti nel Mediterraneo ci sia proprio il tentativo delle forze speciali ucraine di colpire questi traffici illeciti di gas e petrolio, da cui la Russia trae ancora un enorme guadagno. In Italia si è parlato molto di un episodio dello scorso febbraio, quando la petroliera Seajewel fu danneggiata dall’esplosione di due bombe posizionate con dei magneti sulla sua chiglia, mentre era al largo del porto di Savona.

– Leggi anche: Ci sono attacchi esplosivi alle petroliere nel Mediterraneo

Resta da capire in che modo l’Italia intenda sostituire in modo definitivo il gas russo. La sottosegretaria all’Ambiente Vannia Gava, della Lega, ha detto che la Commissione Europea non ha mai richiamato l’Italia per gli acquisti di gas russo. «Quanto accaduto nel 2024 riflette delle dinamiche di mercato note, ma che non mettono in discussione l’impegno dell’Italia nella diversificazione delle fonti di approvvigionamento. E anzi il commissario Jorgensen ha sempre apprezzato il nostro sforzo in questo senso».

Gava ha aggiunto che l’Italia è pronta «a fare i compiti a casa». Oltre all’aumento della produzione di rinnovabili (che però è ancora molto marginale) e allo sviluppo della tecnologia nucleare (su cui il governo dice di voler puntare ma che avrebbe comunque bisogno di parecchi anni), i canali da cui l’Italia intende affrancarsi dalla Russia sono sostanzialmente tre.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin alla Camera, il 28 giugno 2023 (Roberto Monaldo/LaPresse)

Il primo è l’aumento della portata del TAP, con cui oggi l’Italia importa circa 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Gava sostiene che in tempi ragionevolmente rapidi si possano raddoppiare i volumi. Lo si potrà fare, però, solo attraverso delle fasi di potenziamento intermedie: nel prossimo anno, si potrà aumentare la portata del 15-20 per cento. Il secondo è l’aumento di importazioni di gas dall’Algeria: l’accordo trovato nel 2022 dal governo di Draghi prevedeva un graduale aumento delle forniture di circa 9 miliardi di metri cubi all’anno, a partire dai 22,6 importati nel 2021. Ma quell’accordo non è mai stato sfruttato del tutto, e anzi nel 2024 le importazioni dall’Algeria sono addirittura diminuite dell’8,6 per cento (da 23 a 21 miliardi di metri cubi).

Il terzo punto riguarda il GNL. Nel 2024 l’Italia ne ha importato poco meno di 15 miliardi di metri cubi: circa 5 di questi sono arrivati dagli Stati Uniti, il secondo fornitore dopo il Qatar e quello con cui l’Italia prevede di aumentare sensibilmente gli acquisti. Non c’è una stima precisa, ma al ministero dell’Ambiente parlano in modo approssimativo di un possibile raddoppio degli acquisti dagli Stati Uniti entro il 2026: è anche una scelta che accoglierebbe in parte le richieste di Donald Trump. Importare più gas statunitense è anche una delle proposte con cui la Commissione spera di indurre Trump a ridurre i dazi nei confronti dell’Unione: anche l’Italia si muoverà in questa direzione, pur consapevole che il GNL americano è prevalentemente shale gas – cioè gas di scisto, estratto con la costosa pratica del fracking – ed è meno conveniente di altri tipi di GNL.

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