In Groenlandia c’è un calcio d’inverno e un calcio d’estate
Come funziona il calcio in un posto in cui nei mesi freddi (quasi tutti) non si può giocare all'aperto, e in cui chi vuole fare carriera deve puntare alle isole Fær Øer
di Matteo Castellucci

Lo stadio di Nuuk è il più grande della Groenlandia. Sta in una posizione sopraelevata sulla capitale. Risalendo la strada che porta lì in una mattina di marzo, però, non lo si trova. La neve ha coperto le panchine e più di metà delle porte da calcio. È difficile immaginare, là sotto, dove inizi e finisca l’erba sintetica (le tribune invece non ci sono proprio). Resterà così fino a maggio inoltrato, quando la squadra locale spalerà la neve, dando così inizio alla breve stagione calcistica groenlandese, quasi esclusivamente estiva (almeno quella del calcio a 11).

Lo stadio di Nuuk ricoperto di neve (Matteo Castellucci/il Post)
A fianco del campo ricoperto di neve c’è l’Inussivik, l’arena sportiva di Nuuk costruita nel 2002. Il calcio groenlandese si sposta in posti come questo, negli otto-nove mesi dell’anno in cui il meteo lo rende impraticabile all’esterno: non tanto per le temperature spesso ampiamente sotto lo zero, quanto per i campi perennemente innevati, le tempeste e in generale condizioni molto variabili. In pratica è possibile giocare a 11 solo d’estate, quando la neve si ritira, perché non ci sono strutture indoor abbastanza grandi: nel resto del tempo si pratica solo il calcio a 5 al chiuso (o futsal). In altri paesi sarebbe quasi impensabile che un calciatore ai massimi livelli giochi sia a 5 che a 11, qui è la normalità.
Nonostante tutto, attorno al calcio in Groenlandia c’è una passione enorme. È lo sport nazionale insieme alla pallamano, che però non deve fare i conti con gli stessi limiti perché si gioca sempre al chiuso. Secondo il sito di promozione turistica Visit Greenland nel paese ci sono 76 squadre di calcio con circa 5.500 calciatori in attività, cioè più o meno il 10 per cento di una popolazione che non arriva a 57mila abitanti. Persino un torneo giovanile di calcio a 5 diventa un grandissimo richiamo per la comunità, anche perché è uno degli eventi principali in un posto dove altrimenti non c’è così tanto da fare (soprattutto fuori dalla capitale e dai centri più grandi).
Tra il 10 e il 16 marzo all’Inussivik c’è stato il torneo nazionale Under 15 di futsal. La sera della finale era difficile trovare posto sugli spalti: non è poco, per uno stadio che può ospitare un migliaio di persone in una città di 20mila abitanti scarsi. Gli spalti sono riempiti soprattutto da tifosi della squadra di casa, la Boldklubben af 67 (più conosciuta con la sigla B-67), che è la più vincente della storia groenlandese, anche a livello giovanile. Il blu e il bianco della B-67 sono i colori predominanti tra il pubblico, su striscioni e bandiere, ma anche in campo: è la società più grande dell’isola e quindi, a differenza delle altre, ha due squadre in gara, che sono arrivate entrambe in finale.
In questi anni il torneo si è allargato, seguendo l’espansione del movimento nel paese. A marzo hanno partecipato 16 squadre. John Pedersen, un allenatore delle giovanili della B-67, spiega che non erano mai state così tante: «È rappresentata quasi ogni città». È un numero notevole per via dei costi degli spostamenti interni (spesso simili a quelli dei collegamenti con l’Europa) in un paese vastissimo dove i centri non sono collegati da strade e si va da uno all’altro solo in aereo, elicottero o nave. Il meteo proibitivo li condiziona: a causa dei voli fermi per una tempesta, per esempio, una squadra non aveva abbastanza giocatori per fare le sostituzioni e altre tre sono arrivate con un giorno di ritardo.

Il pubblico alla finale del torneo Under 15, il 16 marzo (Matteo Castellucci/il Post)

Una semifinale del torneo, il 16 marzo (Matteo Castellucci/il Post)
I problemi delle giovanili sono, su scala ridotta, gli stessi della massima serie sia di futsal sia di calcio a 11. Per queste ragioni, anzitutto logistiche, i campionati prevedono una prima fase con gironi su base provinciale (la Groenlandia è divisa in cinque province) e una fase finale ospitata a rotazione dalle città più grandi. La fase finale di quello a 11 dura solo una settimana, sempre per ragioni legate alle condizioni climatiche, e questa stranezza era il motivo per cui era noto all’estero e per cui periodicamente ne hanno scritto i giornali internazionali. Da anni però la Federazione calcistica groenlandese (KAK) sta lavorando per permettere di giocare tutto l’anno, in futuro anche a 11.
La Federazione ha cambiato approccio rispetto alla sua proposta storica di costruire un nuovo stadio a Nuuk, che era ferma da tempo per mancanza di risorse (ci vogliono almeno 40 milioni di euro). L’ultima è diluire gli investimenti nel tempo, iniziando a coprire la ventina di campi a 11 esistenti con strutture simili ai “palloni” montati sui campi da tennis. Interventi di questo tipo costerebbero una frazione del nuovo stadio. «Ne avremo almeno tre coperti entro i prossimi tre o cinque anni, così potremo giocare tutto l’anno», spiega il presidente della B-67, Jimmy Holm Jensen (che da giocatore vinse due campionati negli anni Novanta).

Il presidente della B-67, Jimmy Holm Jensen (Matteo Castellucci/il Post)

Schemi durante un allenamento della B-67 in una palestra di Nuuk (Matteo Castellucci/il Post)
Questo aiuterebbe a professionalizzare uno sport che ancora non è professionistico. A parte un rimborso delle spese, in Groenlandia neppure i giocatori più forti vengono pagati: tutti hanno un altro lavoro. Non c’è un calciomercato e la squadra in cui si gioca quasi sempre coincide con quella del luogo di residenza. «Allenatori, giocatori… Siamo tutti volontari», sintetizza Lôk’e Svane, un altro allenatore delle giovanili della B-67, che è stato per undici anni il portiere della nazionale.
Per questo l’unica opzione per giovani che ambiscono al calcio professionistico è andarsene. Il percorso più realistico è andare a giocare alle isole Fær Øer, che come la Groenlandia fanno parte del Regno di Danimarca con larghe autonomie, e nel migliore dei casi in Danimarca: cioè in posti che hanno un campionato professionistico, per quanto in Europa siano considerati di basso livello. Così uno dei più promettenti talenti groenlandesi, Milo Biilmann, è andato a giocare nel Klaksvíkar Ítróttarfelag, la squadra della seconda città delle Fær Øer (Klaksvík), che negli ultimi anni ha partecipato alle qualificazioni della Champions League, la principale competizione europea per club.

Henrik Kleist con una maglia dell’attaccante argentino della Roma, Paulo Dybala, comprata la scorsa estate in vacanza in Italia (Matteo Castellucci/il Post)
La B-67 sa di non avere ancora strutture adeguate e per compensare ha fatto accordi con società danesi, islandesi e delle Fær Øer. L’impossibilità di allenarsi tutto l’anno e poter giocare a 11 quando va bene per tre-quattro mesi penalizza i calciatori groenlandesi: in genere non esprimono appieno le loro potenzialità e, quando arrivano in campionati esteri, partono da un livello più basso dei coetanei. «Quando [d’estate] torniamo all’aperto ci mettiamo un po’ ad abituarci alle distanze e al modo di giocare, e poi daccapo quando torniamo all’interno», dice Angutimmarik Kreutzmann della prima squadra della B-67.

Una partita del torneo Under 15 di futsal, l’11 marzo (Matteo Castellucci/il Post)
In passato Kreutzmann è stato un atleta professionista di pallamano: ha giocato 13 anni tra Danimarca, Svezia e Germania. A un certo punto, da piccolo, aveva dovuto scegliere tra quella e il calcio: aveva preferito la pallamano perché pensava potesse dargli prospettive migliori (come in effetti è accaduto). Per la stessa ragione Milan Lundblad, un ragazzo della B-67 Under 18, considera irrealistico diventare un calciatore professionista: dice che il suo sogno è fare il giocatore di pallamano, appunto. È nel giro delle nazionali di entrambi gli sport (anche di futsal). Pure lui, come Kreutzmann, a un certo punto dovrà scegliere.
La Federazione groenlandese ancora non fa parte di nessuna federazione internazionale, nonostante ci provi da tempo. Ha rinunciato alla UEFA (la confederazione del calcio europeo), a cui aderiscono per esempio le Fær Øer, perché ha requisiti molto stringenti, che al momento la Groenlandia non è in grado di soddisfare. Lo scorso maggio si è candidata alla CONCACAF, la confederazione del calcio di Nord e Centro America e dei Caraibi, che ha condizioni più lasche. Ad aprile è previsto un incontro a Londra tra i dirigenti della federazione e quelli della CONCACAF per iniziare a discutere i passi successivi della candidatura.
Appartenere a una federazione internazionale consentirebbe alla nazionali groenlandesi di partecipare alle competizioni ufficiali e sarebbe propedeutico a un ingresso anche nella FIFA, la federazione internazionale che ingloba quelle continentali e organizza i Mondiali. Già il primo passo, comunque, darebbe alle squadre e al calcio groenlandesi maggiore visibilità e probabilmente attrarrebbe nuovi investimenti: dopo un’amichevole di futsal tra la nazionale groenlandese e quella brasiliana, la più forte al mondo, per esempio, è stata annunciata una nuova e sostanziosa sponsorizzazione.

L’esterno dell’Inussivik, il 16 marzo a Nuuk (Matteo Castellucci/il Post)
Sono introiti che possono fare la differenza per una federazione così piccola, cronicamente a corto di soldi e che in passato ha dovuto rinunciare a far fare alla nazionale alcune trasferte perché non se le poteva permettere. Le società spesso le finanziano vendendo cibo, bibite e merchandising ai tornei, e per gestire tutto si appoggiano a un organico di volontari. Infine, i 41 paesi della CONCACAF sono geograficamente più vicini all’isola e anche questo può contribuire ad abbattere i costi di eventuali spostamenti.
D’altra parte il riconoscimento internazionale costringerebbe i giocatori a scegliere tra futsal e calcio a 11, perché non è possibile essere tesserati di entrambe le federazioni. Sarebbe però il punto di arrivo dello sviluppo sportivo degli ultimi anni. Holm Jensen (il presidente della B-67) ricorda che ai suoi tempi, e fino a pochi anni fa, i campi erano in terra battuta e sul fango era complicato controllare la palla. Poi l’erba artificiale ha cambiato tutto, e ora il prossimo grosso cambiamento atteso a Nuuk è il campo coperto.
Uno dei momenti calcistici più alti di questo percorso di crescita fu una partita del 2014 tra una selezione di giocatori groenlandesi e il Variétés Club de France, una squadra di vecchie glorie del calcio francese capitanata quel giorno dall’ex campione del mondo Robert Pirès: a Nuuk ne parlano ancora come una specie di mito fondativo del calcio moderno groenlandese.
Il mediano della B-67 Mikki Brønlund fa un esempio più recente. Racconta di quando la sua squadra dell’epoca, il Nagdlunguak 1948 (N-48) di Ilulissat, vinse il titolo nazionale in una finale disputata proprio a Ilulissat, di cui è originario: «Fu epico. Una cosa che va oltre il calcio, tutta la città impazzì di gioia. Li avevamo resi orgogliosi». L’ultimo grosso evento calcistico internazionale invece è stata proprio l’amichevole di futsal col Brasile, a inizio marzo. In Groenlandia è stata raccontata e vissuta un po’ come fosse la finale dei Mondiali. Alla fine la nazionale groenlandese ha perso 13-0.
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